Sa Nurra fit
pròspera
Su trigu
ingialliat.
Ah! Ite tempos chi
fint.
Sa zente fit
ricca,
non b’aiat
povertade,
ma fit mala in
coro e ria.
E Deus lo bidiat
cuntentos in peccadu.
"Baebei tue,
ànghelu meu,
si b’at unu de
nde salvare".
Tzoccat in ogni
gianna,
pedende elemòsina,
ma, mancu abba a
bier li dant.
Solamente un’attia,
chi at suettu, li
dat
unu pane a
mandigare;
e i s’ànghelu
piedosu li narat pianghende:
"Lea su pane
e a fizu tou,
non ti gires;
lontanu bae".
E appena fit fora
da sa ricca
tzittade,
tremet de
ticchirrios s’aera.
Si girat sa
pòvera.
Segnore, ite die!
Restat
pietrificada inie.
Isprufùndant sas
domos,
tragadas da su
lagu;
restant solu
tristos lamentos
de sa bella
tzittade de Baratz.
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Baratz
è l’unico lago naturale della Sardegna, posto nella regione della
Nurra, in territorio del comune di Alghero. La canzone riprende una
vecchia leggenda che ci raccontavano da bambini. Baratz era un paese
ricco, ma la gente che vi abitava era cattiva ed egoista. Allora Dio,
prima di prendere qualsiasi decisione nei loro confronti, inviò un
suo angelo messaggero per constatare se qualcuno degli abitanti di
Baratz poteva essere salvato. L’angelo constatò la loro cattiveria
e il loro egoismo, ritenendo che solo una donna, dimostratasi solidale
e buona con lui offrendogli del pane, poteva essere salvata col
proprio bambino, a patto che se ne andasse, col bambino e col pane, e,
quando il paese fosse inghiottito dalle onde purificatrici, non si
voltasse per vedere quanto accadeva. Ma il mare, che distruggeva
Baratz, produsse rumori così strani e intensi che la povera donna non
poté fare a meno di voltarsi; e anche lei, che teneva per mano il
figlio e sul capo la corbula del pane, fu tramutata in pietra e
trattenuta sul fondo del lago.
Guardando
la superficie delle acque, quando queste son cullate dal vento, ancora
oggi, i giochi delle ombre e delle onde, fanno apparire, in
trasparenza sul fondo del lago, questa drammatica scena delle figure
pietrificate.
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